3 dicembre
2013
  COMUNICATI

La famiglia va salvata




 

La famiglia va salvata
Inutile nasconderlo: quello della famiglia e delle leggi che mirano a introdurre nuovi diritti per le persone omosessuali è diventato un terreno minato. Le contestazioni di attivisti omosessuali a proposito di un ciclo d'incontri organizzato dall'Istituto Faà di Bruno a Torino non sono un caso isolato.
Già prima dei fatti del Faà di Bruno, dieci associazioni cattoliche torinesi (ora sono quindici, e altre si vanno aggiungendo), a partire da Alleanza cattolica, dal Movimento per la vita e dall'Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche), avevano costituito un tavolo, di cui chi scrive è coordinatore, per discutere questi problemi e avevano elaborato il manifesto «Sì alla famiglia».
Il manifesto verrà presentato domenica 1° dicembre in un convegno al Centro incontri della Regione Piemonte (corso Stati Uniti 23, Torino), con inizio alle ore 15,45. Tra i relatori ci saranno il docente di Diritto penale Mauro Ronco, già membro del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato Alfredo Mantovano, già sottosegretario agli Interni, e i presidenti nazionali di tre associazioni cattoliche - Agesc, Mcl (Movimento Cristiano Lavoratori) e Fism (Federazione italiana scuole materne) - che dialogheranno con i parlamentari Pagano (Ncd), Malan (Pdl) e Gigli (Scelta civica). L'onorevole Bobba (Pd), anch'egli invitato, ha rinunciato a partecipare per sopravvenuti impegni istituzionali.
Il Manifesto è il risultato di uno sforzo comune di associazioni di diversa origine, in maggioranza ecclesiali. La riflessione è dunque partita dal magistero della Chiesa. Ci siamo lasciati interrogare dagli insegnamenti di papa Francesco, compresa la sua famosa frase, nell’intervista sull’aereo che lo riportava a Roma dal Brasile, secondo cui se una persona omosessuale «cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Questa affermazione è nella linea del «Catechismo della Chiesa cattolica», che del resto il Papa aveva citato, come fa spesso, nella frase seguente di quello stesso dialogo con i giornalisti.
Alle persone in quanto persone, comprese quelle omosessuali, si applica l’evangelico «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1). Lo stesso Gesù, che invita a non giudicare, condanna severamente i peccati che scandalizzano i piccoli. Certamente Gesù non è in contraddizione con se stesso. Non lo è la Chiesa e non lo è il Papa, quando da una parte invita a non giudicare le persone omosessuali come persone, dall’altra richiama al «Catechismo», il quale insegna che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «in nessun caso possono essere approvati» o fondare riconoscimenti giuridici (n. 2357). E si tratta dello stesso «Catechismo» che al n. 2358 ammonisce che le persone omosessuali «devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Per questo il manifesto di «Sì alla famiglia» parte da un «sì», che fa eco al Papa e al Catechismo: «Sì all’accoglienza rispettosa delle persone omosessuali, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione e colpendo severamente chi si macchia di atti di violenza, chi minaccia, chi insulta le persone omosessuali». Siamo anche favorevoli a punire più severamente, applicando l’aggravante dei «motivi abietti», chi aggredisce le persone omosessuali in quanto omosessuali. Nello stesso tempo, siamo contrari a leggi contro l’omofobia che non si limitano a incriminare e punire giustamente minacce, insulti e violenze contro gli omosessuali, ma inventano reati di opinione che puniscono (nel caso della legge approvata in Italia alla Camera, con la reclusione fino a un anno e sei mesi) chi propaganda «idee discriminatorie fondate sull’omofobia». Siamo contrari, perché sappiamo che dietro formule vaghe si nasconde facilmente la repressione della libertà di opinione.
Oggi problemi fra i più delicati si pongono nell'ambito scolastico. Il manifesto dice «sì» a campagne serie di prevenzione e repressione del bullismo nelle scuole e di ogni aggressione fisica o verbale rivolta contro chi è «diverso». Diciamo «no», invece, all’indottrinamento obbligatorio all’ideologia del gender, secondo la quale uomini o donne non si nasce ma si diventa e, liberandosi dai «condizionamenti» dell’anatomia, ogni ragazzo o ragazza sarebbe chiamato a scegliere liberamente se vuole essere uomo o donna.
Il manifesto riconosce che da ogni convivenza derivano diritti e doveri, e chiede che siano applicate le norme in vigore che in Italia tutelano ampiamente i conviventi, anche omosessuali, in materia di ospedali, carceri, subentro nei contratti d’affitto, ove necessario introducendo ulteriori aggiustamenti pratici. Ma rifiuta il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, sia come «matrimoni», perché il matrimonio è solo quello tra un uomo e una donna, sia come «unioni civili» perché, in tutti i Paesi dove le unioni civili sono state introdotte, non si è mai trattato di alternative ma solo di battistrada per preparare dopo qualche anno il passaggio al «matrimonio» omosessuale.
Il manifesto dice «sì» all’accoglienza piena e affettuosa nelle scuole e in ogni altra istituzione di ogni bambino, qualunque scelta abbiano compiuto i suoi genitori e con chiunque si trovi a vivere. Ma dice «no» all’adozione da parte di coppie omosessuali. Non mettiamo in dubbio che queste coppie possano desiderare di adottare un bambino e credere sinceramente di poter essere buoni genitori. Conosciamo anche i dati di inchieste sociologiche secondo cui abusi, maltrattamenti e disturbi non hanno più vittime tra i bambini allevati da coppie dello stesso sesso. Ma il problema è diverso. Siamo convinti che, per crescere con l’indispensabile consapevolezza di quanto bella e ricca sia la differenza fra l’uomo e la donna, ogni bambino abbia bisogno di un papà e di una mamma.

Massimo Introvigne
da "il nostro tempo
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